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Limiti Spaziali

  • Bernardo Biagiotti
  • 29 mar 2016
  • Tempo di lettura: 3 min

Oggi vorremmo parlare di confine, di frontiere, di limite spaziale.

La società moderna ci ha portato ad oltrepassare i limiti, che siano spaziali, politici o sociali.

Sono molti i limiti che possiamo prendere in esame ma noi ci soffermeremo principalmente sui limiti spaziali. Ancora oggi la soglia di casa separa lo spazio privato da quello pubblico e questo accade pur vivendo in un mondo che ha reso le pareti di casa porose, oltrepassabili da informazioni, notizie, immagini.

L’uso di mezzi di comunicazione quali il telefono fisso, cellulare, satellitare, internet, le webcam hanno permesso a noi tutti di avere accesso agli spazi privati delle persone, abbiamo superato e oltrepassato i confini spaziali e sociali.

La necessità di avere dei limiti, di separare privato dal pubblico, nasce nell’antichità con il “pomerium” (con il quale Romolo scavando il solco sacro, vuole delimitare l’area della futura Roma e il cui scavalcamento costa la vita al gemello Remo 1).

Oltre ai limiti sociali esistono i limiti generati dalla prossemica, dalla necessità di ciascuno di noi di sentirsi protetto, circondato da un qualcosa che delimita lo spazio.

La riperimetrazione dello spazio privato e principalmente pubblico è una delle nuove necessità della vita quotidiana, la chiarezza delle funzioni, la distinzione del mio e del tuo, del quando e del dove siamo risulta sempre più necessaria nella vita quotidiana delle persone.

Specialmente nei così detti “non luoghi” progettisti, sociologi e psicologi della percezione tendono a suddividere lo spazio in base all’uso e alla destinazione. La chiarezza facilita la percezione e rende gli spazi immediatamente riconoscibili. L’uso di Immagini, di scritte, di barriere o colore facilitano la lettura di un luogo.

E’ di pochi giorni fa la notizia che nel centro storico di Prato non potranno essere inseriti dehors, nè tantomeno pedane con relative ringhiere se non per superare dislivelli tra marciapiede e strada. Finiremo così per avere tavolini e sedie appoggiate su un largo marciapiede in prossimità di un esercizio commerciale, e inseriti in un immaginario perimetro che ne determina lo spazio concessionato e autorizzato.

Abbiamo provato a sederci ai tavolini in piazza del Duomo a Firenze dove abbiamo potuto trovare una situazione uguale a quella descritta e la nostra sensazione e quella delle persone a noi vicine che abbiamo interpellato è sempre stata la stessa, è emersa la percezione di agorafobia, di smarrimento in qualcosa più grande di noi, a tutti mancava un limite un perimetro che poteva essere una pedana, secondo le indicazioni del Raumplan di Loossiana memoria, o semplicemente una piccola ringhiera. Anche gli ombrelloni che con la loro proiezione delimitano lo spazio non sono risultati sufficienti, ci mancavano i 4 montanti con sopra un telo, la capanna dell’accampamento nomade di ancestrale memoria.

Dopo esserci domandati se le decisioni prese dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per la tutela del decoro urbano, e essendo dubbiosi, ci domandiamo e vi domandiamo cosa potremmo fare per ricostituire un limite, riperimetrare lo spazio fisico e psicologico che occupiamo quando ci fermiamo in un bar per sorseggiare un caffè e leggere una rivista, un giornale o un buon libro? Il benessere psicologico è meno importante della tutela del decoro urbano?

Dobbiamo tornare a rinchiuderci nelle nostre abitazioni? O come noi vorremmo e ci auspichiamo potremo tornare a vivere le nostre meravigliose piazze, i nostri viali alberati e sentirci protetti sempre nel rispetto del patrimonio esistente e del decoro urbano?

Noi siamo pronti ad offrire il nostro contributo portando le nostre esperienze e la nostra capacità progettuale per evitare che dai “non luoghi” si passi ai “luoghi non”, non riconoscibili, non percepibili e infine non usati come luoghi ma usati come architettura di passaggio spazio temporale.

1 “ Limite” ed. Il mulino 2016, Remo Bodei

 
 
 

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